Diversi specialisti si sono alternati, in questi mesi, per proporre diagnosi sempre meno invasive e sempre più semplici (test rapidi, ecografie al polmone, cani molecolari, ecc..) per diagnosticare precocemente la temuta positività ad un virus che stiamo imparando a conoscere.
Come dermatologo, quindi, non posso esimermi dall’apportare il mio umile contributo alla diagnostica visiva, della pelle, alla ricerca di quei segni, anche minimi e aspecifici, ma comunque utili a sospettare questa virosi che ci affligge ormai da più di un anno.
INFIAMMAZIONE CAPILLARE
Sappiamo oggi che negli organi compromessi dal Covid-19, la compromissione dei capillari è uno dei segnali precoci, sia a livello polmonare, che cerebrale, che cutaneo. “Attraverso il circolo
ematico, Sars-CoV-2 può raggiungere i piccoli vasi sanguigni che si trovano nel derma, subito al di sotto dell’epidermide, innescando l’attivazione di meccanismi infiammatori, che a cascata possono determinare la comparsa di manifestazioni cutanee — chiarisce Gabriella Fabbrocini, direttore
dell’Unità Operativa di Dermatologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. Inoltre, nei pazienti ricoverati per Covid la situazione può essere complicata dal fatto che i farmaci utilizzati per la terapia possono creare manifestazioni cutanee di tipo allergico come la
clorochina/idrossiclorochina, gli antivirali, gli antibiotici e anche il tocilizumab usato in caso di interessamento polmonare”.
SEGNALI SOSPETTI
La comparsa di alcuni tipi di dermatite, deve quindi far sospettare il possibile contagio. Le eruzioni
cutanee possono variare tra:
- piccoli pomfi pruriginosi tipo orticaria,
- puntini rossi tipo varicella o morbillo,
- chiazze fredde rosso-violacee alle estremità (dita delle mani e dei piedi), macchie rosse e gonfi1e
alle dita dei piedi o delle mani, simili a geloni, con sensazione di prurito o dolore.
È stato proprio uno studio italiano, pubblicato a marzo 2020 sul Journal of European Academy of Dermatology and Venereology da Sebastiano Recalcati, dermatologo all’ospedale Alessandro Manzoni di Lecco, a richiamare per la prima volta l’attenzione della comunità scientifica su questo fronte.
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1111/jdv.16387

L’Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani ha poi stilato alcune linee guida per aiutarci a riconoscere i segni cutanei legati al Covid-19, che possono essere di vario tipo. In corso di infezione accertata sono stati riscontrati rash cutanei di varia morfologia diffusi a tutto il corpo, che
insorgono generalmente in concomitanza con sintomatologia simil-influenzale e respiratoria. Può trattarsi di eruzioni cutanee simili per aspetto ai comuni esantemi infantili, ad esempio di tipo morbilliforme, oppure con vescicole simili alla varicella, o con pomfi che ricordano l’orticaria.
L’eruzione cutanea può essere più o meno sintomatica (prurito), ed è di solito fugace, con risoluzione spontanea in alcuni giorni e senza esiti permanenti. È importante ricordare che quadri simili possono essere anche dovuti ad una reazione alle cure farmacologiche in corso, e quindi è
indispensabile una valutazione dermatologica per la diagnosi differenziale.
LESIONI CUTANEE CHE DURANO UNA DECINA DI GIORNI
La durata media delle lesioni cutanee è di nove giorni e nella grande maggioranza dei casi non
sono gravi. Spesso, anzi, hanno una risoluzione spontanea e non c’è bisogno di prescrivere terapie.
«In alcuni casi sono stati usati i cortisonici in crema, mentre spesso sono di aiuto i cortisonici per via sistemica che vengono usati come trattamento contro il virus — conclude Ketty Peris, presidente della Società Italiana di Dermatologia SIDeMaST —. Non c’è, insomma, alcun motivo di
allarmarsi, ma è importante non trascurare le lesioni che potrebbero rivelarsi utili per giungere alla diagnosi di Covid, proprio nell’ottica di tracciare il virus e tenerne il più possibile sotto controllo la diffusione».

SINTOMI CUTANEI PRECOCI
Uno studio del King’s College di Londra sui dati di 336.000 pazienti, ha documentato che l’8,8% delle persone risultate positive al coronavirus aveva avuto eruzioni cutanee, contro il 5,4% dei negativi al virus.
Inoltre, il 17% dei positivi al coronavirus ha riportato l’eruzione cutanea come primo sintomo della malattia e per 1 persona su 5 l’eruzione cutanea è stata l’unico sintomo. I Gli esperti hanno chiesto che le eruzioni cutanee siano incluse tra i sintomi chiave per diagnosticare il Covid-19 alla pari di febbre sopra i 37,5 gradi, tosse secca e persistente e perdita di
gusto e olfatto.
QUANDO SOSPETTARE IL COVID?
Lo studio inglese ha identificato i tre tipi di eruzioni cutanee più spesso associate al coronavirus:
1) Eruzione orticarioide
Edema improvviso di alcune aree cutanee (gonfiori e rilievi transitori), di solito molto pruriginoso, specie alle mani e ai piedi. Le lesioni pomfoidi compaiono e scompaiono nel giro di alcune ore o giorni
e migrano di sede. Possibili gonfiori anche a palpebre e labbra.

2) Eruzione varicelliforme
Piccoli puntini rossi su tutto il corpo, più spesso a gomiti, ginocchia, e dorso di mani e piedi. L’eruzione può durare alcuni giorni o settimane.

3) Geloni da Covid
Bolle rossastre o violacee sulle dita di mani o piedi (acrocianosi) che possono causare dolore ma non prurito. Mentre i sintomi precedenti sono abbastanza comuni ed aspecifici, questo tipo di eruzione cutanea sembra risultare il più specifico di Covid-19 e più comune nei giovani pazienti.


Secondo la dott.ssa Ruth Murphy, presidente della British Association of Dermatologists, “La rilevanza di questo studio non è tanto nell’aiutare le persone ad autodiagnosticare la malattia, ma piuttosto nella comprensione di come l’infezione possa colpire le persone”. Sappiamo, infatti, che il danno virale inizia proprio nelle sottili pareti capillari (polmoni, cervello, pelle, ecc..) con sintomi e segni differenti a seconda delle sedi interessate e delle difese immunitarie del soggetto.
FORME PIU’ RARE
Altre manifestazioni, meno frequenti, sono state descritte in associazione al Covid. Tra tutte,
degna di nota la Malattia di Kawasaki, diagnosticata all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo
(una delle città più colpite dalla pandemia) con un numero di casi in un mese, pari al numero di
casi dei tre anni precedenti. La Malattia di Kawasaki (nota come “sindrome occhi-bocca-manipiedi”) è una vasculite autoimmune che colpisce bambini fino ai cinque anni, scatenata da virus a RNA.
Il Covid-19 può indurre un quadro simile, che può colpire bambini anche fino ad otto anni.
Più grave delle precedenti, ma per fortuna più rara, richiede terapie mediche specifiche, oltre che
accertamenti diagnostici approfonditi, per possibili complicanze cardiache.

